Presentazione del libro di Leonardo Salvaggio

 

SICILIA .... quell'estate del '43

 

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Nella notte tra il 9 e il 10 luglio del 1943, nella cuspide sud orientale dell’Isola, da Torre di Gaffe, 8 chilometri ad ovest di Licata, alla Penisola della Maddalena, a sud di Siracusa, sbarcarono otto divisioni anglo-americane con 181.000 uomini, 1800 cannoni e 600 carri armati, sorprendendo gli impauriti difensori italiani sparsi per le coste e le contrade dall’Isola: pochi e male armati. Le aveva trasportate una flotta di 2.590 navi che, indisturbate per l’assenza della flotta italiana, avevano chiuso in una muraglia di navi un buon terzo della Sicilia. Secondo quanto scrive lo storico Liddle Hart, l’attacco anfibio condotto simultaneamente da 8 divisioni fu ancora più massiccio di quello che, undici mesi dopo sarebbe stato messo in atto in Normandia.

Churchill, mescolando verità e bugie, avrebbe scritto che in poche settimane gli alleati si impadronirono dell’Isola difese da truppe in larga parte convinte della ineluttabilità della sconfitta. I 38 giorni  di durata della campagna d’invasione e la cifra di circa 15.000 morti smentiscono tale affermazione!

Il piano d’invasione, Husky, era stato deciso, il 23 gennaio dello stesso anno, quando a Casablanca Churchill riuscì superare le riserve e la diversità di vedute degli americani, che erano assolutamente riluttanti ad impegnarsi nel Mediterraneo e soprattutto ad iniziare l’attacco alla Fortezza Europa con uno sbarco in Sicilia che li avrebbe costretti a risalire l’intera penisola italiana per arrivare al cuore della Germania. Consideravano una follia, da un punto di vista militare, la strategia che Churchill voleva loro imporre. Alla fine il Premier inglese l’aveva spuntata grazia all’ascendente che aveva sul Presidente americano Roosevelt. Quello del dominio del Mediterraneo  e del possesso della Sicilia era un vecchio sogno inglese fin dai primi del 1800; ma ora esso diventava determinante di fronte alla paura che, attraverso i Dardanelli, vi potesse dilagare la Russia comunista.

Tutto ciò  rilega al ruolo di legenda quello che, ancor oggi, alcuni sostengono e cioè che gli americani avevano deciso di sbarcare in Sicilia poiché c’era un accordo tra Cosa Nostra e la mafia che aveva promesso il suo aiuto. Il libro esamina, con attento dettaglio e attenzione,  i rapporti che vi furono tra le autorità americane e la mafia italo americana e il ruolo di Lucky Luciano. Al di la dei rapporti che c’erano stati, nel 1942, con l’ONI ( Office of  Naval Intelligence) e dell’azione psicologica sulla popolazione siciliana da parte di italo- americani rientrati dall’America ci furono ben consistenti rapporti, ma essi si svilupparono dopo lo sbarco quando gli americani  avevano l’interesse a portare avanti la loro campagna militare per spingere gli italiani e i tedeschi al di là dello Stretto di Messina. A quel punto capirono di aver bisogno di un sistema diffuso e organizzato che controllasse il territorio per loro conto: suggeriti da parenti ed amici si fecero avanti equivoci personaggi che avevano a che fare con la Mafia e promisero la loro fedeltà ai Liberatori. Nacque così un’alleanza di reciproco vantaggio che, secondo la definizione dello storico Renda, generò la folgorante primavera della Mafia.

Ciò non avvenne nella parte orientale, dove combattevano gli inglesi che ebbero come riferimento gli antichi legami con la nobiltà. Così l’ex podestà di Catania, Antonino  Paternò Castello, Marchese di San Giuliano, venne subito nominato Town Major  considerandolo ex antiquissima stirpe nortmannica.

Il libro offre la lettura degli episodi avvenuti cercando di edulcorarli degli stereotipi che talora sono definiti come leggende metropolitane, dando a ciascuno il suo e facendo risaltare lo scoordinamento, l’improvvisazione, le gelosie, l’incapacità di comando che emersero dall’una e dall’altra parte. Gli alleati riuscirono ad imporsi soltanto per la loro superiorità tecnologica e l’incolmabile differenza nella disponibilità dei mezzi.

Con spirito disincantato e talora ironico si raccontano le cose avvenute attraverso una successione di racconti legati da un filo logico e temporale, indugiando sulla sofferenza di una popolazione sorpresa dagli avvenimenti e coinvolta nei fatti bellici senza che se l’aspettasse. Il lettore viene trascinato attraverso una serie di stanze in cui si svolgono storie differenti aprendone lo scenario per mostrare, da luogo a luogo, i vizi e le virtù degli attori in scena e i tanti episodi che vanno dalla codardia, alla viltà, alla confusione e all’eroismo. Si succedono contrastanti e controversi episodi come, il pateracchio di Licata e la tenace resistenza delle divisioni Livorno e Goering che riempì di sangue la pianura intorno a Gela, l’eroica resistenza dei bersaglieri italiani ad Agrigento e la fuga dei soldati italiani nella Sicilia Occidentale, l’ignominiosa resa della Piazzaforte Augusta – Siracusa e il sacrificio della divisone Napoli, la resa senza combattere di Palermo e la cosiddetta Battaglia della Piana che rese rossa di sangue l’acqua del Simeto, i 6 giorni di battaglia per la conquista di Troina da parte degli americani e la tenace resistenza dei tedeschi lungo le linee di sgombero predisposte dall’OKW, la confusione degli anglo-americani nell’uso delle divisioni aviotrasportate a Gela e Siracusa ed il perfetto ed ordinato sgombero delle truppe e dei mezzi germanici attraverso lo Stretto di Messina.

Il tutto  viene inquadrato nell’ambiente di una popolazione che non aspettava altro che finisse quella maledetta guerra e i propri figli tornassero al proprio lavoro nei campi, come facevano da sempre, e venne sorpresa dal trovarsi tra i piedi le armate dell’invasione. Non furono rari i casi di contadini che affrontarono i soldati inglesi e americani con la doppietta che usavano per andare a caccia e furono uccisi.

La necessità di attribuire a ciascuno le sue responsabilità ha portato l’autore a trascinare il lettore all’interno di alcune stanze romane che, se non geograficamente,  erano legate strettamente a ciò che avveniva in Sicilia in quanto centro decisionale e origine della volontà degli alti comandi e della politica dei governanti. Si indugia così sul comportamento di Casa Savoia e dell’entourage dei suoi generali, interessati a salvare i propri interessi personali lasciando al loro destino quei disgraziati che combattevano in Sicilia e spesso ci lasciavano la pelle.

Trattando di ciò che avvenne a Roma,  si è voluto dare ampio risalto agli avvenimenti  che caratterizzarono il 25 Luglio e crearono non pochi problemi a quei comandanti e soldati che continuavano a combattere a fianco dei tedeschi e non capivano più cosa fare. Ciò che avvenne in quel giorno costituì la premessa perché si potesse arrivare ad un armistizio con gli anglo-americani firmato, in una Sicilia ormai liberata, presso il Comando inglese di Cassibile.

Churchill a Casablanca, aveva così giustificato la sua scelta di invadere la Sicilia: le forze politiche hanno la loro parte e la conquista della Sicilia e l’invasione subito dopo dell’Italia, dovevano avere conseguenze di ben più rapida e vasta natura.

Garland e Smith, in Sicily Surrender, scrivono,: la Campagna di Sicilia determinando la resa italiana costituì la pietra miliare sulla strada verso la vittoria Alleata.

 

Leonardo Salvaggio